Un Pane per tutti

Anche quest’anno torna puntuale la Sagra di San Michele, evento atteso da tutta la comunità e… non solo. E’ certamente un momento di festa legato al Santo Patrono della nostra parrocchia di cui prende nome, ma vuole essere sempre più un tempo dove mettere insieme le tante “anime” di una comunità per fonderle in un’unica manifestazione che mostri il volto più bello dello stare insieme nella gratuità e nella solidarietà. Tanti sono gli appuntamenti che scandiscono questi giorni e che possiamo trovare piacevolmente descritti in questo libretto. Quest’anno l’evento si inserisce anche nel filo conduttore che è il tema dell’Expò 2015: la coscienza degli squilibri internazionali che portano la stragrande maggioranza delle popolazioni a non accedere alle risorse del pianeta che nel progetto di Dio sono destinate a tutti e il tutto è per lo più provocato dallo stile di consumo e spreco di pochi che provoca il dissesto e povertà di molti altri.

Un pane per tutti vuole diventare anche per la nostra piccola manifestazione motivo di riflessione, visto che il cuore della festa ruota attorno allo stare insieme condividendo fraternamente la mensa. E’ assodato che la sagra ha un carattere “Sacro” in quanto legata alla festa del nostro Santo Patrono, ma credo che non vi sia niente di più sacro dell’amore fraterno che si esprime attraverso la condivisione e la solidarietà. E’ questo il cuore della nostra manifestazione. Da molti anni gli organizzatori si impegnano a rendere questo evento sempre più ecologico nel rispetto della nostra Madre Terra: dall’utilizzo di materiali riciclabili e biodegradabili, fino ad evitare sprechi di cibo e tutto quello che, un certo stile del consumo compulsivo, la nostra cultura malata impone. E’ quindi questione di “stili di vita”. Su questo tema caldo, interviene anche Papa Francesco nella sua ultima Enciclica “Laudato sì”. Egli afferma citando S. Giovanni Paolo II: ”La distruzione dell’ambiente umano è qualcosa di molto serio, non solo perché Dio ha affidato il mondo all’essere umano, Bensì perché la stessa vita umana è un dono che deve essere protetto da diverse forme di degrado. Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono la società.” Sugli stili di vita dovremmo in un futuro prossimo confrontarci seriamente: che mondo intendiamo lasciare ai nostri figli e nipoti? Papa Francesco invita, rivolgendosi a tutti gli uomini e donne che abitano la terra, a prendere coscienza della necessità di cambiare stili di vita, di produzione e di consumo. A me ha fatto inorridire un articolo apparso recentemente su un quotidiano nazionale (e da me in più occasioni citato) dove un giornalista di indagine affermava che in Italia il 40% del cibo fornito alle mense scolastiche viene gettato via ogni giorno. Ora, senza accusare nessuno o far sentire in colpa qualcun altro, questa è solo la punta dell’iceberg della nostra cultura dello spreco. Sempre nell’enciclica papale si legge: “Questi problemi sono intimamente legati alla cultura dello scarto che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura.. Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili…. Affrontare tale questione sarebbe un modo di contrastare la cultura dello scarto, che finisce di danneggiare il pianeta intero…”. Trovarsi alla sagra con amici e parenti per condividere il cibo in un contesto di festa non deve farci dimenticare che la stragrande maggioranza della popolazione mondiale mangia (quando se lo può permettere) in una settimana quello che noi consumiamo in un giorno. Non è mia intenzione rovinare la festa ma al contrario apprezzare e gioire per quanto ci viene dato. Nel contempo però fare tutto quello che ci è possibile perché ci sia maggiore condivisione, o per dirla con Papa Francesco cominciare finalmente a parlare della priorità dell’”essere” rispetto “all’essere utili”! Certo tutto questo può risultare alla nostra coscienza come qualcosa di lontano e non alla nostra portata. Come possiamo noi singolarmente cambiare gli equilibri che i grandi della terra per interessi precisi ci impongono? Credo invece che, se lo vogliamo veramente, con tanti piccoli gesti noi possiamo davvero dare un segno forte e una volontà di cambiamento. Potremo iniziare, per esempio, dai nostri personali consumi: quella cosa che desidero mi serve realmente o mi viene imposta per moda? L’uso dell’auto in alcuni casi è veramente indispensabile o posso utilizzare la bicicletta o anche solo andare a piedi? Per noi cristiani sarebbe bello, dove e quando è possibile naturalmente, recarci a piedi o in bicicletta alla messa domenicale, per riappropriarci del tempo che ci è dato per il riposo e non per aumentare la somma delle cose da fare. Questo è solo un piccolo esempio! Ma anche quando facciamo la spesa: scegliamo prodotti che hanno involuri abbondanti che riempiono solo il sacchetto della spazzatura, ma che sono così confezionati per sollecitare solo la nostra curiosità? L’estetica vale forse più dell’etica? Sembrerebbe di sì! Mi ha colpito che nella sagra a Silea l’acqua viene servita in caraffe riempite dall’acqua del comune rubinetto. Sembra una cosa da poco ma sappiamo bene come questa stia sempre più diventando una risorsa “privata” a danno di noi tutti. Essa è un dono di Dio ed è per tutti. Mai potrà diventare un bene in mano a poche.  Ripeto sono solo piccoli esempi dove diversi stili di vita costringerebbero una certa economia a tener conto che di fronte non hanno solo consumatori inerti e instupiditi, ma uomini e donne che prendono sempre più coscienza che la terra, con le sue risorse, è di tutti e per tutti. Sempre citando l’enciclica dove il papa richiamandosi al cantico di san Francesco parla della terra come “matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori st herba”. Oggi questa terra protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. Anche se drammaticamente in ritardo, stiamo forse intuendo che l’uomo non è padrone dell’universo, non è al di sopra delle altre creature sulla terra ma ne fa parte come in un unicum creativo. Abbiamo sopravvalutato il nostro definirci “esseri intelligenti”, senza renderci conto che non è l’intelligenza a farci comprendere il nostro ruolo all’interno del creato, ma la nostra “sapienza”. E la sapienza umana non si acquisisce con l’erudizione, ma rimanendo in ascolto di ciò che ci circonda, con rispetto e cura. Siamo purtroppo passati troppo frettolosamente dall’idolatria del consumo eccessivo delle risorse della terra da parte di pochi a quella che io chiamo “egolatria”: ci sono solo i “miei bisogni”. Ecco che anche un evento come questa sagra di San Michele può aiutaci a riflettere sui nostri personali bisogni messi in relazione ai bisogni di tutta l’umanità. Nel cibo, elemento necessario per l’istinto naturale di conservazione, noi siamo chiamati ad intravvedere molto di più: esso è relazione con gli altri, strumento di convivialità, via privilegiata di solidarietà con chi ha meno di noi, dono della provvidenza, risultato del nostro lavoro quotidiano…

Cioè noi non ci nutriamo e basta! Tanto è vero che la Sacra Scrittura spesso definisce l’accumulo eccessivo di beni, come il “grande peccato” dell’umanità. Quello che non ci serve è rubato ai poveri affermano spesso sia la Parola di Dio che ripetutamente i documenti degli ultimi Papi. Più semplicemente: se io posso mangiare ogni giorno più o meno quanto voglio e quello che voglio sapendo che l’80% dei miei fratelli questo non se lo possono permettere, almeno devo pormi il problema del perché questo accade. Se poi sono anche cristiano il restituire il di più che mi sono preso non è solo un gesto di carità, ma di giustizia nei confronti di questi miei fratelli svantaggiati. Forse ci stiamo svegliando dall’ideologia della crescita illimitata: questo risveglio, se pur doloroso e faticoso, non può che farci bene. Se quanto scritto in questo piccolo libretto può aver inquietato la coscienza di qualcuno non posso che esserne contento.

Al termine mi sento in dovere di ringraziare tutti i collaboratori volontari, dai più giovani ai più anziani, il Circolo Noi, gli sponsor, il comitato dei genitori della Scuola dell’infanzia, e infine tutti coloro che per tutta la durata della festa non lesinano il loro tempo e la loro competenza per renderci, per una serata, contenti di condividere momenti di serena gratuità. Anche questo è un segno forte di una comunità che sa mettere al centro non se stessa, ma la persona, ogni singola persona percepita come una piccola ma indispensabile tessera di quel grande mosaico che è la nostra bella comunità cristiana.

Don Luciano

 

 

 

 

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