SAN GIOVANNI PAOLO II

Forse ai più sfugge il profondo legame di fede che unisce un prete al Papa, proiettato com’è a vivere quel più concreto, visibile e quotidiano rapporto di obbedienza con il proprio vescovo diocesano. Mi sono ritrovato fra le mani in questi giorni, l’ultima lettera che san Giovanni Paolo II ha scritto, rivolta a tutti i fedeli sparsi nel mondo sul tema dell’Eucaristia: “Mane nobiscum Domine” (Signore, rimani con noi). Il tema ci sta tutto con il “tempo pasquale” che stiamo vivendo e pensando in particolar modo ai ragazzi che hanno celebrato domenica scorsa la loro messa di prima comunione. Permettete che riprenda il passo che mi ha confortato, a dispetto di tante laiche smentite. Affermava il santo Papa: “Alla richiesta dei discepoli di Emmaus che Egli rimanesse “con” loro, Gesù rispose con un dono molto più grande: mediante il sacramento dell’Eucaristia trovò il modo di rimanere “in” loro. Ricevere l’Eucaristia è entrare in comunione profonda con Gesù…Ma questa speciale intimità che si realizza nella “comunione” eucaristica non può essere adeguatamente compresa né pienamente vissuta al di fuori della comunione ecclesiale. La Chiesa è il corpo di Cristo: si cammina “con Cristo” nella misura in cui si è in rapporto “con il suo corpo”. (cfr. nn. 19 – 20). Santo Padre, che ci guarda ormai dal Paradiso, quante volte ho cercato di dire alla mia gente di Silea che la fede in Gesù non può essere disgiunta dalla fede nella Chiesa, suo corpo. E Lei candidamente afferma dall’alto della Sua riconosciuta saggezza di uomo di fede che, senza comunione con la propria comunità, la stessa Eucaristia non può essere adeguatamente compresa né pienamente vissuta. Non che non si possa essere ugualmente “bravi” cristiani, ma c’è un “adeguatamente comprendere e pienamente vivere” che appartiene al cristiano e che il cristiano ha il dovere di cercare e realizzare. Grazie San Giovanni Paolo II, perché spesso, quando io dico le stesse cose, non tutti mi credono, addirittura qualcuno pensa che sia una mia “fissa”, e io ci rimango male anche se a volte non lo do ad intendere. Quando affermo che non solo non possiamo dirci cristiani senza Eucaristia nel giorno del Signore, ma che tanto meno lo possiamo affermare senza dimostrare un appassionato amore per la Chiesa, percepisco da parte di molti fedeli un radicale quanto inespresso disaccordo. Quasi che, su questo grande mistero, ognuno possa farsi una idea “propria”. Quando con passione cerco di far capire che la qualità della partecipazione alla messa è strettamente legata all’amore per la propria comunità e al contempo la qualità della partecipazione alla comunità riflette la fedeltà a Cristo che si dona nell’Eucaristia, le quotazioni del sottoscritto colano a picco come i tristemente famosi titoli spazzatura delle banche. Grazie perché mi sono sentito confermato nella retta fede, e così, quello strappo interiore che a volte mi fa soffrire, è meno pesante da portare. Ma soprattutto Lei ha ribadito quel profondo legame tra credere l’Eucaristia e credere la Chiesa come recitiamo da duemila anni ogni domenica nel Credo, senza a volte rendercene conto. Nella nostra comunità, in questo tempo di Pasqua, possiamo darci due impegni di conversione e, senza saperlo (provvidenza…), sono in linea con quanto Lei con parole semplici, lucide e Parrocchia San Michele Arcangelo in Silea “Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato. ” DOMENICA 10 APRILE 2016 III DI PASQUA dirette ha comunicato nella sua lettera. Il primo impegno è quello di cercare di venire a messa con cinque/dieci minuti di anticipo per prepararci con la preghiera, la lettura personale della Parola di Dio, disponendo cuore, mente, sentimenti a quello che si andrà a vivere nella celebrazione eucaristica, in un clima di silenzio. Senza fretta. Il secondo impegno è quello di parlare bene della comunità cristiana della quale facciamo parte perché è l’altro volto eucaristico di Cristo. Amare l’Eucaristia (Cristo) e amare la propria Comunità (Chiesa) è vivere quell’amore sponsale che l’uomo non può separare perché celebrato una volta per sempre nella Croce del Figlio di Dio. Grazie ancora Santo Padre, di cuore, nella speranza che i miei cristiani, se non ascoltano me, possano almeno credere a Lei e si salvino l’anima. Che è la cosa più importante.

Don Luciano

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