QUESTIONE DI LESSICO

In queste settimane mi sono ritrovato a meditare su una parola sentita e letta molte volte e in diversi contesti: INIZIO. Si inizia l’anno pastorale, si inizia il catechismo, si inizia la scuola etc… Se c’è del vero in questo lessico, questo risulta scontato e prevedibile: ogni anno in questa stagione si ripete questa parola che, di suo, pesa. Iniziare è sempre faticoso e laborioso. Ma la trovo scorretta e ingiusta, per molti versi impropria e fuorviante. E’ infatti una parola sottratta al vocabolario di Dio. Solo Lui infatti “Inizia” le cose e gli avvenimenti, noi non iniziamo un bel niente, casomai continuiamo qualcosa che ha avuto un inizio. Questa parola del resto si trova solo all’inizio della creazione, nel libro della genesi: “in principio” (=all’inizio). Quindi solo Dio Padre, quando vuole, inizia veramente qualcosa. Che senso ha dire che “inizia” il catechismo o l’anno pastorale, come fossimo un’azienda che ha mandato in ferie i suoi dipendenti e chiuso l’attività. La comunità cristiana non ha mai smesso di esserci e la fede non può essere accantonata per poi “iniziare” nuovamente. Quindi noi possiamo solo dire che riprendiamo in mano qualcosa che non ha mai mancato di esserci e crescere. Non credo sia solo una questione di lessico: le parole hanno un loro preciso significato e il pronunciarle rivela come ci disponiamo di fronte a un impegno o situazione. Quanti genitori mi hanno chiesto in queste settimane: quando “inizia” il catechismo? Certamente la domanda è lecita e risponde al bisogno di essere informati. Ma al di là di sterili date e orari, spesso pensavo di rispondere così: “non iniziamo un bel niente, caro genitore, perché l’attenzione alla crescita nella fede e della fede di ogni battezzato non può essere interrotta, può cambiare nelle forme ma non certamente sospesa come, per esempio, il lavoro. Non siamo a scuola dove l’insegnante deve riprendere il programma lasciato a giugno per riallenare le piccole menti a mettersi in carreggiata. Il cammino di fede non ha soste o interruzioni, non prevede “ponti” o vacanze: è un cammino che porta ad una relazione con il Signore e, per quanto mi risulti, le relazioni non si interrompono come accade in altri contesti. Quindi noi “continuiamo” a fare quello che ogni giorno facciamo: vivere in comunione con il Signore.” Forse questa risposta avrebbe spiazzato e confuso più di qualche genitore! Con il catechismo certamente riprendiamo una delle forme di evangelizzazione, ma essa non ha mai cessato di essere presente nel cuore del cristiano attraverso altre forme: l’eucaristia, la preghiera quotidiana, la confessione, la carità verso il prossimo… ecco perché la parola “inizio” data alle cose di fede mi sembra stonata, inappropriata e fuorviante. E rivela anche uno stile che preferirei non ci fosse nella comunità cristiana di Silea. Ripeto: non è solo questione di lessico, ma di atteggiamenti che ad un certo lessico corrispondono. Da questo modo di pensare e parlare credo si possa trovare la radice di tante difficoltà legate all’iscrizione al catechismo dei nostri figli. Quasi un “dazio” da pagare per ottenere l’agognato sacramento, più che una preoccupazione di coltivare “con” i figli un cammino di fede in Gesù Cristo. Per concludere vorrei poter dire che riprendiamo con gioia ed entusiasmo un tratto di strada assieme, dove ciascuno durante l’estate aveva provveduto a percorrere con libertà e responsabilità. Don Luciano

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